martedì 11 maggio 2010

MdA 01


Il Mestiere Delle Armi (2001)


IL MESTIERE DELLE ARMI
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Giovanni de’ Medici (detto Giovanni dalle Bande Nere) è il capitano di ventura protagonista de Il mestiere delle armi. Il film, che si basa sulla lettera di Pietro Aretino sulla morte di Giovanni de’ Medici e sulla Istoria d’Italia di Francesco Guicciardini, ha una struttura circolare: un lungo flashback che inizia con Giovanni dalle bande nere ferito e ricoverato nel palazzo del duca di Mantova, dove muore e nella cui città si celebrano i funerali. Da qui sono ripercorse le varie fasi della operazioni militari che Giovanni de’ Medici intraprende contro i lanzichenecchi  per evitare che essi giungano a Roma. è durante queste operazioni che il condottiero è ferito da un falconetto (specie di cannoncino) donato ai  lanzichenecchi dal duca di Ferrara Alfonso d’Este. La ferita si trasformerà in cancrena e per Giovanni dalle bande nere sarà la fine, con i solenni funerali delle sequenze di apertura.
Fin dal titolo si intuisce che l’avvento delle armi da fuoco è destinato a cambiare il modo di fare la guerra (il “mestiere delle armi”), come del resto aveva già compreso e dibattuto la trattatistica di età rinascimentale, Machiavelli in testa.
Una lettura più attenta del film rivela che, in realtà, i problemi non sono la fine del modo di combattere ispirato ad un’etica “cavalleresca” e la condanna della politica di intrighi che caratterizza i principi italiani fra XV e XVI secolo. Al contrario, i veri problemi sono l’adeguamento delle milizie alle nuove armi e l’avvento degli stati nazionali, qui nella dimensione “mostre” dell’impero di Carlo V. L’uso sempre più diffuso delle armi da fuoco (grazie a continui progressi tecnologici) e l’avvento di forti monarchie nazionali sembrano veramente aprire un’altra epoca.
Se, dunque, si guarda con più attenzione il film, si nota che se è vero che le armi da fuoco stanno iniziando a stravolgere il tradizionale “mestiere delle armi” è altrettanto vero che gli stati regionali italiani e i capitani di ventura  sono fortemente interessati a tale novità. Osserviamo, infatti, cosa accade nel film, che per giunta riprende la Istoria d’Italia di Guicciardini.
Giovanni dalle Bande Nere chiede ad Alfonso d’Este, duca di Ferrara, alcuni falconetti (realizzati a Ferrara) per meglio fronteggiare l’armata dei lanzichenecchi. Alfonso d’este risponde negativamente e invia segretamente i falconetti ai lanzichenecchi.. Come si vede, sono già attivi nella fabbricazione di nuove armi e lo stesso Giovanni sa che non se ne può fare a meno; anzi, ritiene le armi da fuoco uno strumento strategico. Del resto, egli stesso deve il suo soprannome (Bande Nere) all’aver fatto adottare alle sue truppe delle armature con bande nere, in modo da renderle riconoscibili: uno dei primi passi verso la formazione di un esercito di tipo “moderno”.
Dunque, tutta la trattatistica rinascimentale sul “mestiere delle armi” prende atto dell’inarrestabile mutamento in corso e idealizza il tradizionale modo di combattere, un po’, per altri versi, come aveva fatto la letteratura cavalleresca, che aveva idealizzato un modo passato. Nel film questo aspetto è rinvenibile nelle sequenze in cui nelle fasi successive al ferimento i principi e i generali italiani (Giovanni dalle Bande Nere compreso) commentano negativamente l’uso delle armi da fuoco, che ucciderebbero “il mestiere delle armi” ed i connessi valori di coraggio e lealtà (in sintesi, l’etica cavalleresca) sui quali si misura il coraggio di un guerriero. Questo attaccamento ai valori porterà i principi italiani a stipulare un accordo in cui rinunciano all’uso delle armi da fuoco. Ma tale accordo è semplicemente un attaccamento al passato, una non accettazione del fatto che le armi da fuoco, inesorabilmente, stanno cambiando i metodi di guerra e, forse, mettendo in crisi i vecchi ideali.
Anche per quanto riguarda il piano della politica, è necessario andare oltre una prima percezione di politica italiana caratterizzata da intrighi e opportunismi. Lo stesso Giovanni, nelle battute iniziali del film, condanna tale aspetto commentando negativamente il suo tempo come “tempo della politica”. Anche in questo caso, si assiste, nella realtà storica, agli “ultimi fuochi” del tradizionale modo di fare politica degli stati italiani. Lo stesso Giovanni ne è parte integrante, sia perché ne conosce i meccanismi e vi si infila – ricordiamo che Machiavelli condannò l’uso delle milizie mercenarie – sia perché proviene da una famiglia che dell’equilibrio fra le rivalità aveva fatto la sua fortuna: Lorenzo de’ Medici, anzitutto, e poi i papi Leone X e Clemente VII (fratello di Giovanni).
Passando al comportamento dei principi, esso è ispirato da una chiara salvaguardia del proprio potere territoriale, a costo di violare alleanze e giuramenti. Inoltre, come si vede nel film, la cessione segreta dei falconetti alle truppe di Carlo V da parte di Alfonso d’Este e l’altrettanto segreta concessione di passaggio alle medesime truppe da parte del duca di Mantova (presso il quale, poi, troverà ricovero e morirà Giovanni), mentre tale passaggio è negato agli uomini di Giovanni de’ Medici, sono la presa d’atto che è opportuno mostrarsi accondiscendenti verso un potere imperiale che mai era stato così grande e forte e, per converso, spia della debolezza degli stati regionali italiani nei confronti delle monarchie italiane.

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